Le fessure nelle pavimentazioni industriali

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LE FESSURE NELLE PAVIMENTAZIONI INDUSTRIALI

di Alberto e Michele Triantafillis

CAUSA DELLE FESSURAZIONI DA RITIRO PLASTICO, GRADIENTE TERMICO NEGATIVO E DA RITIRO IGROMETRICO. – ALTRE CAUSE

  1. Premessa
  2. Fessure da ritiro plastico
  3. Fessure da gradiente termico negativo
  4. Fessure da ritiro igrometrico
  5. L’influenza dell’attrito del sottofondo nella formazione delle fessure
  6. Influenza del “curling” (imbarcamento) nella formazione delle fessure
  7. Fessure causate da cedimento del terreno di fondazione
  8. Prevenzione della formazione delle fessure

 

1. PREMESSA

Le fessure si formano quando la capacità di deformazione a trazione del calcestruzzo viene superata. La tensione di trazione indotta risulta da una combinazione di fattori che comprendono la grandezza della deformazione libera, l’impedimento che si oppone alla deformazione ( nelle pavimentazioni, ad es., diversi attriti del supporto, variazioni di spessore, variazioni dell’armatura, presenza di pilastri, pozzetti, canalette, spigolature di muri, basamenti, ecc), il modulo di elasticità, lo scorrimento viscoso, la resistenza a trazione del materiale. All’aumentare del grado di impedimento, maggiore è la sollecitazione indotta e più larghe sono le fessure prodotte.

 

2. FESSURE DA RITIRO PLASTICO

Si manifestano durante la fase di transizione da impasto fresco a rigido se la velocità di evaporazione dell’acqua dalla superficie del getto è maggiore della velocità alla quale l’acqua risale (essuda) in superficie. Il pericolo di incipiente fessurazione decorre dal momento in cui, con la scomparsa del velo liquido, la superficie del getto appare opaca. A causa dell’evaporazione dell’acqua d’impasto, il materiale si contrae ma il movimento è ristretto dalla presenza dell’armatura e dall’aggregato grosso. Si generano così tensioni di trazione sufficienti a produrre fessurazioni che partono generalmente da un vertice, diramandosi spesso in tre direzioni a 120° o come spesso viene definito, a “zampa di corvo”. Tali fessurazioni a forma di “V” in profondità, possono essere di rilevante ampiezza ( più decimi di mm ed anche maggiori) e con una profondità spesso limitata al copriferro, anche quando la rete d’armatura è posizionata erroneamente al fondo.

Un’altra manifestazione del ritiro plastico è la formazione di cavillature a ragnatela o a macchia di leopardo, solitamente superficiali ( interessano solo la parte superficiale dell’indurente) e di ampiezza molto limitata ( microcavillature). Tali microcavillature non inficiano la durabilità e la funzionalità della pavimentazione.

E’ noto che in condizione di ventilazione, bassa umidità relativa ambientale (indipendentemente dalla temperatura) ed irraggiamento solare, dalla superficie di un pavimento possono facilmente evaporare, ad esempio, 1,0 – 1,5 litri di acqua /mq/ora per tutto il tempo che precede il vero indurimento del calcestruzzo ed ancora, in forma un po’ meno marcata, anche nelle ore seguenti. Il che vuol dire che, se in un metro quadro di pavimentazione dello spessore 15 cm l’acqua d’impasto al momento della stesa fosse pari a circa 30 litri ( 200 litri/m3), nelle successive 4 ore ne potrebbero facilmente evaporare, sotto ventilazione, 6 litri, ovvero circa il 20% !!! A fronte di questa evaporazione il calcestruzzo perderebbe di volume, contraendosi, provocando fessurazioni definite “da ritiro plastico”.

Inoltre, se il pavimento fosse poggiante su un supporto impermeabile, come ad esempio, una barriera al vapore/strato di scorrimento costituita normalmente da fogli di polietilene, l’essiccazione superficiale comporterebbe un accorciamento dell’estradosso, mentre l’intradosso, che non può perdere umidità essendo a contatto con la superficie impermeabile della barriera al vapore, non avrà modo di contrarsi. L’essiccamento, oltre al raffreddamento, differenziato tra estradosso ed intradosso sarà causa di imbarcamento della lastra (effetto curling), con valori tanto più evidenti quanto più sottile è la lastra di pavimentazione e quanto maggiore è stata l’essiccazione ( ed il differenziale termico) superficiale. Tale fenomeno si annulla per spessori di pavimentazioni di almeno 30 cm, in quanto il peso proprio non consente l’imbarcamento. La prevenzione contro il ritiro plastico durante la lavorazione consiste nel proteggere la superficie dalla rapida evaporazione o creando delle barriere anti-vento, laddove possibile, (all’interno dei capannoni chiudendo portoni e finestre con fogli di plastica) o di “vaporizzare acqua” con pompe tipo idrolavaggio o con ugelli vaporizzatori da giardino, avendo l’accortezza di indirizzare il getto nebulizzato verso l’alto e farlo ricadere uniformemente sulla superficie, creando un “film liquido” ( bleeding artificiale) che permette la corretta incorporazione degli spolveri indurenti. A pavimento finito, di molta utilità per prevenire fessure da ritiro plastico, sono gli specifici prodotti antievaporanti e stagionanti che creano un film superficiale molto impermeabile, qualora impiegati ai corretti dosaggi previsti dal produttore, oppure proteggendo la pavimentazione con teli di polietilene mantenuti ben aderenti alla superficie per più giorni.

 

3. FESSURE DA GRADIENTE TERMICO NEGATIVO

Soprattutto per quanto riguarda le pavimentazioni (ma anche per certe tipologie di muri, questi soprattutto se disarmati precocemente), nella stagione estiva, il calore liberato dalle reazioni di idratazione dei costituenti del cemento durante il primo indurimento, non viene ceduto all’ambiente nella misura e con la velocità richiesta, in modo da evitare la formazione di gradienti termici significativi: a fronte di un picco di temperatura elevata, successivamente, nell’arco di poche ore, vuoi per irraggiamento notturno, correnti d’aria, pioggia improvvisa, o bagnature con acqua fredda di pozzo, la struttura può subire un salto termico negativo che induce nella struttura forze di trazione superiori alla resistenza a trazione del momento e conseguenti fessure passanti/fratture.

Se in una pavimentazione in cui sia stato creato un giunto di costruzione a circa 30 m, per cause diverse ( tipo e dosaggio di cemento, uso di additivi non idonei nella stagione estiva, bassi rapporti acqua/cemento, irraggiamento solare, alte temperature, ecc.) si fosse toccato dopo alcune ore dal completamento del getto un picco di temperatura di 40°C, e successivamente nelle seguenti ore notturne o nella seguente prima mattinata, per irraggiamento notturno, ventilazione ed abbassamento della temperatura ambientale, la temperatura della lastra fosse scesa a 20°C ( Δt = – 20°C), la teorica contrazione lineare potrebbe essere misurata con questo semplice calcolo: 30 m ( 30.000 mm) x – 20°C x 0,000012 ( coefficiente di dilatazione termica del cls) = – 7,2 mm

La lastra di calcestruzzo di 30 metri non sarebbe certo libera di accorciarsi come avviene per un manufatto in prefabbricazione su un cassero metallico e bene oliato. In corrispondenza di pilastri, pozzetti , vincoli verticali, restringimenti di sezione, riduzioni di spessore, si formeranno fessure passanti ( fratture) che saranno visibili già l’indomani, prima ancora di aver iniziato il taglio dei giunti di contrazione. Le fessure, passanti o profonde fino all’armatura inferiore, saranno tanto più numerose quanto maggiore è il rapporto di rettangolarità della pavimentazione (lunghezza/larghezza).

Tali fessure nelle settimane e nei mesi seguenti saranno destinate ad allargarsi, in quanto l’inevitabile ritiro igrometrico agirà in corrispondenza delle fessure di prima formazione. Nessun tipo di armatura è in grado di contrastare o prevenire tale tipo di fessurazione. La sola prevenzione è costituita da una corretta e precoce copertura della pavimentazione con fogli di polietilene, preferibilmente di 0,2 mm di spessore, applicati e zavorrati opportunamente per non essere rimossi dal vento. Tale protezione che va protratta per almeno 7-10 giorni, oltre ad impedire l’evaporazione dell’acqua d’impasto, mantiene, nelle prime ore, la pavimentazione “calda”, evitando il rapido raffreddamento, causa del vizio.

4. FESSURE DA RITIRO IGROMETRICO

La perdita di acqua da parte di un calcestruzzo umido posto in ambiente non saturo di umidità, provoca una progressiva diminuzione del suo volume nota come “ritiro idraulico o igrometrico”.
Parte di questo ritiro è irreversibile e deve essere distinto dalle normali variazioni dimensionali causate da successive variazioni di umidità del getto indurito. I fattori che influenzano il ritiro igrometrico sono molteplici :

  • Dosaggio di cemento /m3 ( tanto maggiore è il contenuto di cemento, tanto maggiore sarà il ritiro)
  • Tipo di cemento ( alcuni cementi sviluppano ritiri maggiori di altri e l’esperienza ne esclude alcuni per nota tendenza alla formazione di stato fessurativo nelle pavimentazioni)
  • Rapporto acqua/cemento ( tanto minore è il rapporto acqua/cemento, tanto minore sarà il ritiro)
  • Rapporto aggregati/cemento ( tanto maggiore è tale rapporto, tanto minore sarà il ritiro)
  • Spessore fittizio* della struttura ( all’aumentare dello spessore fittizio,diminuisce il ritiro)
  • Umidità ambientale media ( il ritiro tende ad annullarsi quanto più l’ambiente si avvicina alla saturazione; in climi costantemente secchi e ventilati il ritiro diventa massimo)
  • Il ritiro igrometrico si sviluppa nel tempo secondo andamenti noti: fatto eguale ad 1,00 il ritiro a 6 mesi, si calcola il ritiro alle altre stagionature moltiplicando il ritiro a 6 mesi per il fattore igrometrico f.ig
Tempo Fattore f.ig Esempio numerico
mm/ metro
1 mese 0,55 0,150
3 mesi 0,90 0,450
6 mesi 1,00 ► 0,500
1 anno 1,10 0,550
2 anni 1,15 0,575
5 anni 1,25 0,625
10 anni 1,30 0,650
20 anni 1,40 0,700
30 anni 1,45 0,725

* Spessore fittizio = sezione della struttura/semiperimetro esposto all’ambiente

Le fessure da ritiro igrometrico cominciano solitamente a manifestarsi solo dopo alcune settimane o mesi. L’effetto più importante per contenere il ritiro igrometrico è esercitato dalla presenza degli aggregati che impediscono di fatto la contrazione della pasta cementizia. In linea dei principio, le dimensioni e la forma degli aggregati non hanno effetto sul ritiro, ma poiché aggregati con diametro massimo maggiore permettono la confezione di calcestruzzi più magri, anche il ritiro ne risulta diminuito. In modo analogo, per una data consistenza, un calcestruzzo avente un minor contenuto di acqua per l’impiego di additivi fluidificanti o superfluidificanti, contiene una quantità maggiore di aggregati e pertanto avrà un minor ritiro ( riducendo infatti, l’acqua d’impasto, ad esempio, di 40 litri/m3, tale volume d’acqua dovrà essere riempito con gli aggregati: 40 litri x 2,75 ( massa volumica media presunta) = + 110 kg di aggregati, suddivisi tra sabbia ed aggregato grosso. )

Per quanto riguarda le pavimentazioni, questo meccanismo non può essere spinto all’eccesso, in quanto, utilizzando alti dosaggi di additivi iperfluidificanti, e riducendo il contenuto d’acqua della miscela di calcestruzzo del 20-25% , il produttore di calcestruzzo fornirebbe una miscela con bassissimi contenuti di cemento ( anche se nel rispetto del rapporto acqua/cemento che garantisce la resistenza), ma con un aspetto spesso segregato, a volte viscoso, con assenza o insufficiente acqua di risalita (bleeding) e quindi con scarsissima capacità di incorporare gli spolveri indurenti o scarsa capacità di adesione con le corazzature applicate a pastina; infatti la superficie del calcestruzzo si presenterebbe completamente asciutta, in tempi rapidissimi, ancor prima di aver potuto iniziare il processo di incorporazione della corazzatura. In tali condizioni, anche prima di iniziare la frattazzatura preliminare, il pavimentista sarebbe costretto a bagnare la superficie del pavimento nel tentativo, spesso vano, di permettere l’inglobamento e l’idratazione dello spolvero indurente o l’adesione della pastina.

5. L’INFLUENZA DELL’ATTRITO DEL SOTTOFONDO NELLA FORMAZIONE DELLE FESSURE.

Molto spesso la massicciata di sottofondo non si presenta omogenea: in molti punti possono affiorare ghiaie e ciottoli, oppure materiale eterogeneo proveniente da demolizioni edilizie, in altri punti materiale fine limo-argilloso, a volte umido, a volte asciutto e polveroso. Ogni tipologia di materiale presenta, per il calcestruzzo che verrà su di esso gettato a formare la pavimentazione, un diverso “coefficiente d’attrito.

 

Coefficiente di attrito statico tra pavimento e vari tipi di sottofondo (ACI -Manual of Concrete Practice)
TIPO DI SOTTOFONDO COEFFICIENTE DI ATTRITO STATICO
Argilla 2,00
Ghiaia lavata mista a sabbia 1,80
Misto granulare 1,65
Sabbia fine 0,90
Foglio di polietilene 0,80
Doppio foglio di polietilene 0,50

Da quanto precedentemente analizzato, soprattutto le contrazioni dovute al gradiente termico negativo ed al ritiro igrometrico, sono causa di sensibili contrazioni dimensionali delle lastre di calcestruzzo.

A fronte di attriti sensibilmente diversi, le tensioni indotte, posso variare notevolmente da punto a punto: ecco giustificate le formazioni di fessure con andamenti, a volte, curvilinei o subcircolari, che spesso ignorano la rettilineità del taglio dei giunti, “meandrando” attraverso gli stessi, creando notevoli problemi interpretativi ai tecnici che ne devono spiegare le cause.

Ovviamente l’inserimento di una barriera al vapore, generalmente costituita da fogli di polietilene con adeguati sormonti, tende a diminuire e ad omogeneizzare l’attrito, anche se non riesce a compensare le disomogeneità di spessore da zona a zona, dovute ad una tradizionale disattenzione nel realizzare e verificare il rispetto di corretti piani quotati e planarità della massicciata di sottofondo. Variazioni sensibili di quota, buche ed avvallamenti nella superficie di sottofondo, inserimento di tubazioni o quant’altro, possono comportare variazioni di spessore della lastra di calcestruzzo anche di alcuni centimetri: in corrispondenza di sezioni ridotte, si formeranno fessure e fratture.

6. L’INFLUENZA DEL “CURLING” ( imbarcamenti) NELLA FORMAZIONE DELLE FESSURE.

L’imbarcamento delle lastre di calcestruzzo è causato da un sensibile accorciamento superficiale causato dalla concomitanza di raffreddamento ed essiccamento differenziato tra estradosso ed intradosso, quando la superficie non sia stata tempestivamente coperta da teli di polietilene o almeno protetta con adeguati stagionanti filmanti, applicati al dosaggio ottimale previsto e certificato dal produttore dal produttore.

Probabilmente la maggiore influenza è dovuta al differenziale di essiccamento che si evidenzia soprattutto in lastre sottili, poggianti su barriera al vapore. L’imbarcamento si manifesta, con evidenza, in prossimità dei giunti di costruzione ed in modo particolare nei pressi dei giunti di contrazione tagliati perpendicolarmente al giunto di costruzione. Nel gergo si dice che i vertici dei quadrotti coinvolti hanno “alzato le orecchie”. Il sollevamento può essere molto rilevante, anche superiore a 10-15 mm, tanto più sottile è la lastra di calcestruzzo (l’effetto “curling” tende ad annullarsi per spessori di 30 cm o superiori).
L’applicazione di un carico accidentale, costituito, ad es., dal passaggio di automezzi o di carrelli, comporta quasi sempre la frattura, di forma circolare, in corrispondenza degli angoli dei quadrotti, ed una possibile frattura, ad andamento rettilineo, parallela al giunto di costruzione. In qualche caso, quando l’imbarcamento è limitato a pochi millimetri, il passaggio dei carichi , induce una flessione ( con ritorno) della lastra, senza causare fratture. Se tali sollecitazioni vengono ripetute con elevata frequenza, per fatica, la lastra è destinata a fratturarsi.
Vanno inoltre considerate altre cause di formazione delle fessure/fratture

7. FESSURE CAUSATE DA CEDIMENTI DEL TERRENO DI FONDAZIONE

Spesso con particolari tipi di terreno a sensibile o elevata compressibilità, più che i cedimenti in valore assoluto, vanno considerati cedimenti differenziali che si dovranno in ogni caso attendere tra i settori centrali e perimetrali del pavimento in calcestruzzo.

Per ns. esperienza ogni capannone industriale necessita di una vera indagine localizzata e dettagliata del terreno di fondazione e, se necessario, e secondo il giudizio di un geologo- geotecnico, va effettuata una completa ed adeguata analisi dei cedimenti. Tale analisi costituisce il supporto per programmare gli interventi che si dovranno attuare a livello progettuale ed operativo, sull’insieme “sottofondo + pavimento” per contenere i cedimenti differenziati entro limiti di tolleranza per la struttura affinché non si manifestino lesioni nella stessa.
Sulla scorta delle problematiche in essere lo studio dovrà contenere:

  • La caratterizzazione litostratigrafia e meccanica dei terreni, con particolare riguardo ai parametri che governano i cedimenti ( parametri di compressibilità del terreno)
  • L’analisi di dettaglio dei cedimenti nelle condizioni di esercizio massimo
  • Indicazioni operative in merito alla predisposizione del sottofondo

Alcune volte tali indagini sono state in passato ricopiate ad arte, costruendo capannoni in zone industriali, utilizzando precedenti studi eseguiti a distanza di qualche centinaio di metri. Purtroppo il risparmio si è rivelato un vero boomerang, con vizi e danni emergenti di grande entità.

A volte i pilastri, privi di sottostante palificazione, evidenziano un netto cedimento rispetto alla pavimentazione e se l’isolamento non fosse stato realizzato più che correttamente, sulla pavimentazione si manifesterebbero importanti lesioni di ampia larghezza. Vi sono inoltre casi recenti opposti in cui la pavimentazione sta lentamente sprofondando prima ancora di entrare in esercizio, con cedimenti di 5 –10 cm ed oltre, per la presenza di terreni fondazionali con argille, limi torbosi e sabbie limose, depositi lacustri, ecc., mentre i pilastri mantengono correttamente la loro quota essendo provvisti di adeguata palificazione. Ovviamente la pavimentazione è sottoposta a tensioni che ne possono determinare un’incontrollata fessurazione. Solitamente i terreni a consistenza da molle a plastica subiscono sia un cedimento di tipo istantaneo, sia una componente dilazionata nel tempo. Tale componente è difficilmente valutabile e non è facilmente determinabile in quanto tempo si possa esaurire il cedimento globale.
Gli interventi indicati a ridurre gli effetti egativi del cedimento differenziale, in caso di terreni naturali cedevoli, possono essere:

  • adottare una pavimentazione ad elevata rigidezza e spessore
  • limitare il carico di esercizio e prevederne un’omogenea distribuzion
  • prevedere di isolare efficacemente la pavimentazione da tutte quelle strutture appoggiate su pali che non dovrebbero ragionevolmente subire cedimenti
  • predisporre un sottofondo con requisiti idonei come specificato, ad esempio, nelle UNI 8981

 

8. PREVENZIONE DELLA FORMAZIONE DI FESSURE, GRAVI LESIONI E CEDIMENTI

La prevenzione della formazione delle fessure e di gravi lesioni, avviene attraverso:

8.1.un’attenta valutazione della relazione geologica-geotecnica che determini la capacità portante dei terreni ed parametri di compressibilità del terreno
8.2. la verifica del grado di portanza della massicciata mediante prove di carico su piastra, che possono essere eseguite secondo due distinte metodologie, determinando il modulo di deformazione Md e/o meglio il modulo di reazione K o di Winkler :

8.2.1. MODULO DI DEFORMAZIONE Md

La prima metodologia si basa sulla determinazione del modulo di deformazione (Md) effettuata impiegando una piastra circolare rigida del diametro D di 300 mm;
Il carico viene applicato con incrementi di pressione pari a 0,05 N/mm2. Ad ogni incremento di carico Δp si registra l’incremento di cedimento s e la portanza viene definita convenzionalmente modulo di deformazione del sottofondo Md  così calcolabile: Md = ( Δp/Δs) x D [ N/mm2]

dove :

Δp = incremento di pressione (carico/ superficie piastra) trasmesso dalla piastra alla superficie caricata ( N/mm2)

Δs = incremento di cedimento della superficie caricata (mm) corrispondente all’incremento di pressione Δp

D = diametro della piastra in mm.

Valori tipici di Md: 80-100 N/mm2
Per sottofondi di pavimentazioni industriali è opportuno che il modulo di deformazione Md risulti maggiore di 80 N/ mm2

8.2.2. MODULO DI REAZIONE K o di Winkler

La seconda metodologia consente di determinare la portanza della massicciata intesa come pressione da applicare per produrre un cedimento unitario, nota anche come modulo di reazione K o coefficiente di Winkler.
La determinazione del modulo di reazione del sottofondo si basa sull’impiego di una piastra circolare rigida di diametro 760 mm.

Il modulo di reazione del terreno di fondazione dipende:

  • dalla natura del terreno
  • dalla granulometria del terreno
  • dall’ umidità del terreno
  • dal grado di costipamento

Il Modulo di reazione K è così calcolabile:

K = Δp/Δs [ N/mm3] 

dove :

Δp = incremento di pressione applicato alla piastra durante la prova di carico (0,07N/mm2)
Δs = cedimento della piastra di 1,25 mm
Un buon terreno di fondazione deve avere un modulo K che si aggira sui 10-25 Kg/cm3 (0,10- 0,25 N/mm3)

Terreno di fondazione Modulo di reazione K
N/mm3
Scadente 0,02 – 0,05
Normale 0,08 – 0,12
Molto stabile 0,12– 0,25

Va ricordato che il valore K è importante solo per il calcolo delle tensioni e delle deformazioni istantanee, mentre non ha valore per gli assestamenti.
Lo spessore della lastra in calcestruzzo dovrà essere tanto maggiore quanto minore si presenta la capacità portante del terreno di fondazione.

reazione-k

Metodo di misura del modulo di reazione K introdotto da Westergaard mediante l’utilizzo di una piastra circolare da 76 cm di diametro, fissando la pressione da raggiungere in 0,07 N/mm2 (700 g/cm2) e valutando il relativo cedimento Δs di 1,25 mm
Le sole prove di carico su piastra non sono sostitutive dell’indagine geotecnica e da sole non possono escludere eventuali cedimenti dilazionati nel tempo a causa di terreni compressibili e/o di rilevanti variazioni di quota della falda freatica per andamenti climatici o per emungimento.

Tipo di terreno K K(N/mm3)
Argilla o limo (umido) 0,03 ÷ 0,06
Argilla o limo (secco) 0,08 ÷ 0,10
Argilla con sabbia 0,08 ÷ 0,10
Sabbia fine o poco costipata 0,015 ÷ 0,03
Sabbia ben costipata 0,05 ÷ 0,10
Sabbia molto ben costipata 0,10 ÷ 0,15
Pietrisco con sabbia 0,10 ÷ 0,15
Pietrisco 0,20 ÷ 0,25
Pietrisco molto ben compattato 0,20 ÷ 0,30

8.3. la corretta realizzazione della massicciata di sottofondo

Il sottofondo di riporto o massicciata di sottofondo) dovrà essere realizzato con materiale granulare, bene assortito, costituito da terreni del gruppo A1, A3 e A2 completamente costipato e chiuso con sabbia e materiale fino frantumato, così da formare una superficie uniforme e piana.
Usando un pietrisco bene assortito, e con contenuto ottimale d’umidità, si raggiunge la massima densità di compattazione che a sua volta significa massima capacità portante.

Classificazione
Terreni granulari Terreni limo-argillosi
GRUPPO A1 A3 A2 A4 A5 A6 A7
Tipo di terreno Ghiaie, brecce e sabbie Sabbia fine Ghiaie e sabbie con limo e argilla LIMI ARGILLE
Scadente
Normale
Molto stabile

Il riempimento deve essere realizzato in strati successivi di 25 cm ed ogni strato deve essere compattato con un vibrocompattatore secondo il grado di resistenza che si richiede alla pavimentazione.

Si consiglia un vibrocompattatore operante con frequenze comprese tra 25 vibrazioni al secondo per i materiali prevalentemente sabbiosi e 35 vibrazioni al secondo per prevalenza di pietrisco o ghiaia.

Fondazione Terreno Compattazione Sottofondo
Scadente Argilla Rulli gommati
Rulli a punte
8- 12 tonn 25- 75 cm
Limo Rullo liscio 8 tonn.
Normale Argillasabbiosa Rulli a punte 5 tonn.
Molto stabile Sabbia di buonagranulometrica edrenata Rulli vibranti 2 tonn. 25 cm
Ghiaia sabbiosa Rulli vibranti 2 tonn.

8.4. la corretta scelta della resistenza caratteristica Rck del cls in funzione della classe di esposizione e della prevista ( progettualmente identificata) entità e frequenza dei carichi
8.5. un adeguato spessore della lastra di pavimentazione in relazione al valore del modulo di reazione K del supporto, verificato con prove di carico su piastra, ed all’entità dei carichi di esercizio dichiarato dal Committente o dal Progettista
8.6. un corretto posizionamento della rete d’armatura che deve essere posizionata al primo terzo superiore ( a circa 6 cm dall’estradosso) a contrastare la formazione/apertura delle fessure.
L’utilizzo di specifiche fibre sia metalliche che sintetiche di tipo strutturale possono integrare o sostituire integralmente la rete d’armatura.
8.7. la realizzazione di tutte le tipologie di giunti previste dalla tecnica costruttiva delle pavimentazioni :
giunti di isolamento (o perimetrali); poiché le pavimentazioni industriali vengono realizzate in presenza di elementi strutturali verticali (pilastri, pareti divisorie o portanti), i movimenti di origine termica e da ritiro della pavimentazione durante l’esercizio non devono generare sollecitazioni sugli elementi stessi. Ciò si ottiene mediante i cosiddetti giunti di isolamento che permettono al pavimento di assecondare le variazioni dimensionali cui lo stesso è sottoposto. Essi hanno anche lo scopo di isolare pilastri, tombini, scale… dalla pavimentazione, allo scopo di evitare che in corrispondenza degli spigoli di queste discontinuità si inneschino fessure diagonali sulle lastre. I giunti, se mal progettati o mal realizzati, peggiorano l’estetica, la funzionalità e la stessa vita utile di una pavimentazione.
In corrispondenza degli spigoli risulta estremamente utile posizionare 3 barre d’acciaio perpendicolari agli spigoli, ad es. di diametro 16-18 mm e lunghezza 60 cm
giunti di costruzione: sono quelli che si creano o in corrispondenza delle riprese di getto eai bordi dei campi di getto; devono essere idonei a sopportare le sollecitazioni verticali in esercizio senza movimenti dannosi. Attualmente sono sempre più in uso giunti tecnici metallici prefabbricati in cui sono predisposti barrotti per il trasferimento dei carichi tra lastre contigue.
giunti di contrazione (o di controllo): lo sviluppo della fessurazione indotta dal ritiro da essiccamento nonché la sensibilità della lastra indurita alle variazioni termiche (in particolare a quelle di segno negativo), sono due fenomeni che, se non efficacemente contenuti, possono rapidamente portare al degrado della pavimentazione. Il loro controllo avviene anche attraverso la realizzazione dei cosiddetti “giunti di contrazione”.

giunti

il dimensionamento dei riquadri mediante il taglio dei giunti di contrazione
Una formula derivata dall’esperienza, definita anche “regola svedese”, permette di dimensionare il lato del taglio dei giunti:

L = 18 x h + 100 ( tutto in cm) 

dove L è il lato dei quadrotti, 18 e 100 sono delle costanti ed h lo spessore della pavimentazione. Ad es, in una pavimentazione di 15 cm, il lato di ogni singolo quadrotto risulterà conservativamente di 3,5 m e massimo di 4,0 m. Il coefficiente di rettangolarità non dovrà mai superare il valore di 1:1,2
La profondità del taglio dei giunti di contrazione è generalmente compreso tra ¼ ed 1/5 dello spessore della lastra: il taglio deve essere eseguito molto tempestivamente, soprattutto nella stagione estiva, quando l’intervento spesso non può essere ritardato oltre le 12 -18 ore dalla finitura, pena il rischio di fessurazioni incontrollate ed in genere perpendicolari all’asse di maggior sviluppo.
giunti di dilatazione: consentono gli allungamenti delle lastre indotti dalle variazioni termiche; ad essi è attribuito il compito di assorbire, nelle pavimentazioni di grande estensione soggette a sbalzi termici rilevanti, le variazioni dimensionali indotte dalle escursioni termiche giornaliere e stagionali, per evitare la coazione con eventuali elementi verticali, quali pilastri e muri perimetrali. Al fine di limitare il numero di discontinuità prodotte nella pavimentazione sarà opportuno far coincidere il giunto di dilatazione con un giunto di costruzione. Indicativamente si disporrà un giunto di dilatazione ogni 40-50 m ed eventualmente in coincidenza con i giunti strutturali dell’edificio.
L’ampiezza del giunto dipende dall’entità degli scorrimenti che si debbono garantire; il progettista potrà fare riferimento a semplici formule empiriche per prescrivere l’ampiezza massima che deve avere il giunto. Una di tale formule è:

E= c x L x ΔT 

dove: E è l’ampiezza del giunto (mm); ΔT la variazione termica di progetto; L è la lunghezza della pavimentazione tra due giunti di dilatazione (mm); c il coefficiente di dilatazione termica lineare del calcestruzzo (si può assumere pari a 1,2 x10-5, ma è variabile col tipo di aggregato).

Semplificando: l’ampiezza dei giunti di dilatazione potrà essere di 10 ± 1 mm.

Nei pavimenti di locali industriali, ospedalieri e similari, il ritiro igrometrico, variabile in funzione dello spessore della lastra e dei requisiti della miscela di calcestruzzo ( 400- 500μm/m) è sempre maggiore dell’espansione dovuta all’escursione termica; pertanto i giunti di dilatazione non vengono ritenuti necessari e non vengono quindi eseguiti ( vedi Codice di Buona Pratica CONPAVIPER) e quindi si fanno coincidere con quelli di isolamento.

8.8. una corretta e tempestiva e prolungata (meglio 15- 20 gg) protezione/stagionatura della pavimentazione, preferibilmente con teli di polietilene, ad impedire la rapida perdita di umidità e di calore dalla pavimentazione.

A & M. Triantafillis